Cass. Ordinanza n. 35461/2022: Donazioni indirette non soggette all'azione di restituzione. La Cassazione smentisce quanto affermato in una precedente sentenza.

Con l'ordinanza n. 35461 del 7 ottobre 2022, pubblicata il 2 dicembre 2022, la Cassazione smentisce quanto precedentemente affermato con la sentenza n. 4523 del 11 febbraio 2022, che era già stata pubblicata e commentata in senso critico ed a cui si rinvia per una migliore comprensione dell'intera vicenda processuale.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo - Presidente - Dott. BERTUZZI Mario - Consigliere - Dott. TEDESCO Giuseppe - rel. Consigliere - Dott. ROLFI Federico V.A. - Consigliere - Dott. AMATO Cristina - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18345/2018 R.G. proposto da: A.A., elettivamente domiciliata in Roma Corso Vittorio Emanuele II 269, presso lo studio dell'avvocato ROMANO VACCARELLA, che la rappresenta e difende; - ricorrente - contro B.B., elettivamente domiciliata in Roma via di Porta Pinciana, 34, presso lo studio dell'avvocato VIRGINIA GARRAFA, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato SALVATORE ZIINO; C.C., elettivamente domiciliata in ROMA, via Cassiodoro 1/A, presso lo studio dell'avvocato CHIOVELLI PAOLA, suo amministratore di sostegno, che la rappresenta e difende in forza di autorizzazione del giudice tutelare; - controricorrenti - avverso sentenza di Corte d'appello di Roma n. 2328/2018 depositata il 11/04/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/10/2022 dal Consigliere Giuseppe Tedesco.
Svolgimento del processo
La presente causa riguarda la successione testamentaria di D.D., deceduto il (Omissis) lasciando il coniuge C.C. e le figlie A.A. ed B.B.. Il defunto ha disposto dei propri beni con testamento, nominando erede la moglie e lasciando alle figlie la sola quota di riserva. La causa è stata introdotta dinanzi al Tribunale di Roma da B.B. contro la sorella A.A., nei cui confronti, nel contraddittorio con la C.C., fu chiesta la riduzione delle donazioni elargite dal genitore a favore di A.A..
Il Tribunale, per quanto interessa in questa sede, ha accertato l'entità dei beni relitti e dei beni donati, ha stabilito la misura della quota di riserva, ha riconosciuto il diritto dell'attrice di incamerare la totalità dei beni relitti e ha condannato la donataria, convenuta in riduzione, a corrispondere per equivalente quanto ancora occorrente per eguagliare la quota di riserva spettante all'attrice. Impugnata la sentenza di primo grado da parte di A.A., la Corte d'Appello di Roma ha confermato la decisione. Essa ha ritenuto inammissibile la produzione dei nuovi documenti da parte dell'appellante, riconoscendo che non sussisteva il requisito della non imputabilità della mancata produzione nel giudizio di primo grado, richiesto dall'art. 345 c.p.c. La Corte d'appello ha aggiunto che i documenti non erano utilizzabili neanche per la ricostruzione del relictum. Per la cassazione della decisione A.A. ha proposto ricorso, affidato a tre motivi. C.C.3Onorati ed B.B. hanno resistito con separati controricorsi. La ricorrente ed B.B. hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente si duole della ritenuta inammissibilità delle produzioni operate nel giudizio d'appello con atto depositato il 14 giugno 2016, con memoria difensiva del 15 novembre 2016 e con nota di deposito del 3 ottobre 2017. Si sostiene che la Corte d'appello ha valutato l'ammissibilità delle produzioni in applicazione del testo attuale dell'art. 345 c.p.c., mentre, secondo la ricorrente, avrebbe dovuto applicarsi, ratione temporis, il testo previgente, che consentiva la produzione in appello dei documenti ritenuti indispensabili ai fini della decisione. La ricorrente, inoltre, si duole perchè la ricorrente ha preso posizione solo su alcuni dei documenti prodotti, tacendo degli altri.
2. In relazione al primo motivo in esame la controricorrente C.C. ha proposto le seguenti eccezioni: a) l'interessata aveva sollecitato l'ammissione dei documenti ai sensi dell'art. 345 c.p.c., comma 3, sostenendo che non era stato possibile produrli nel giudizio di primo grado per causa a essa non imputabile: secondo la controricorrente in questa sede di legittimità, pertanto, non sarebbe consentito che la ricorrente si possa dolere del mancato giudizio sulla loro indispensabilità, "atteso che non ne è stata mai richiesta l'ammissione in relazione alla loro indispensabilità"; b) la Suprema Corte, attraverso l'esame del ricorso non sarebbe in grado di valutare il carattere indispensabile dei nuovi documenti; c) in particolare, quanto ai documenti depositati in data 15 novembre 2016, la ricorrente avrebbe fatto riferimento a documenti depositati in altro giudizio; c) la ricorrente non avrebbe assolto agli oneri di specificità imposti a chi intenda denunziare in cassazione la mancata ammissione di documenti in appello; c) i nuovi documenti non avevano il carattere della indispensabilità, inteso secondo gli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità, se è vero che la stessa ricorrente ha sostenuto che, sulla base di essi, la Corte d'appello avrebbe dovuto disporre la rinnovazione della consulenza tecnica, ammettendo con ciò il carattere non decisivo della nuova produzione.
3. A sua volta la controricorrente A.A. ha sollevato le seguenti obiezioni: a) la ricorrente ha prestato acquiescenza al capo di sentenza che ha dichiarato inammissibile, in quanto tardiva, la domanda riconvenzionale proposta da A.A. contro la C.C., con la quale fu richiesto "l'accertamento delle donazioni e elargite dal de cuius (...) e la riduzione delle donazioni predette con la condanna della C.C. al controvalore necessario per integrare la quota"; e siccome, sempre secondo la controricorrente, i nuovi documenti non avrebbero altro fine se non quello di corroborare l'assunto che l'asse ereditario dovrebbe essere integrato con la donazioni ricevute dalla C.C., gli stessi sarebbero a priori irrilevanti"; b) diversamente da quanto sostiene la ricorrente, nella specie, non è applicabile il testo precedente dell'art. 345 c.p.c., perchè la produzione è avvenuta quando la nuova disciplina era entrata in vigore da oltre quattro anni; c) la Corte d'appello ha ampiamente motivato in ordine alla tardività del deposito dei documenti prodotti dall'appellante il 14 giugno 2016.
4. La Corte d'appello così identifica la produzione, operata nel grado dall'attuale ricorrente e dalla stessa Corte ritenuta inammissibile: "nel corso del giudizio d'appello l'appellante, con nota di deposito del 14 giugno 2016, ha effettuato ulteriore produzione documentale costituita da pronuncia in data 14 giugno 2013 dell'Arbitro Bancario di accoglimento del ricorso proposto dall'appellante contro Unicredit Spa in relazione alla reticente informazione data all'erede sui rapporti intrattenuti dal de cuius e da successive specifiche informazioni fornite da Unicredit con note trasmesse durante l'anno 2014". Tale descrizione, proposta con la sentenza impugnata, coincide con i documenti riportati e identificati nelle lettere B, C, e D a pagina sette del ricorso, che sono stati prodotti in questa sede di legittimità. Essendo la censura formulata in termini specifici, è consentito l'esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità qualora ove sia denunciato un error in procedendo, quale, appunto, la violazione dell'art. 345 c.p.c. Si chiarisce che, in questo caso, "oggetto del giudizio di legittimità non è la sola argomentazione della decisione impugnata, bensì sempre e direttamente l'invaliditàdenunciata e la decisione che ne dipenda, anche quando se ne censuri la non congruità della motivazione; di talchè in tali casi spetta al giudice di legittimità accertare la sussistenza del denunciato vizio attraverso l'esame diretto degli atti, indipendentemente dall'esistenza o dalla sufficienza e logicità dell'eventuale motivazione del giudice di merito sul punto" (Cass. n. 27368/2020)". La Corte d'appello, dopo avere identificato i nuovi documenti, ha ritenuto inammissibile la produzione, argomentando che la parte, seppure avesse avuto la disponibilità degli "estratti conto documentanti la movimentazione dei rapporti in conto corrente e dei rapporti di investimento del genitore" dopo la definizione del giudizio di primo grado, sapeva della loro esistenza. Quindi, sempre secondo la valutazione del giudice d'appello, "l'appellante era in grado nel 2009 di costituirsi nel giudizio di primo grado e di chiedere, in quanto in possesso di documenti attestanti gli estremi del rapporti, l'emissione ex art. 210 c.p.c. di un ordine mirato e non esplorativo d'esibizione al terzo degli estratti conto e dei contratti relativi alla forme di investimento".
5. Il primo motivo in esame si riferisce al complesso delle produzioni operate nel grado dall'attuale ricorrente, non solo a quelle esaminate dalla Corte d'appello. Tuttavia, in applicazione del principio della ragione più liquida, l'esame può essere circoscritto ai documenti di cui alla "nota di deposito del 14 giugno 2016", oggetto di specifico esame da parte della Corte d'appello. Infatti, entro questi limiti, il motivo è palesemente fondato è il suo accoglimento determina l'assorbimento delle censure riferite ai documenti ulteriori, proposte con il motivo in esame.
6. Questa Corte che chiarito che "la nuova formulazione dell'art. 345 c.p.c., comma 3, introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, che prevede il divieto di ammissione, in appello, di nuovi mezzi di prova e documenti, salvo che la parte dimostri di non avere potuto proporli o produrre per causa non imputabile, trova applicazione, in difetto di un'espressa disciplina transitoria ed in base al generale principio processuale tempus regit actum, quando la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado sia stata pubblicata dopo l'11 settembre 2012" (Cass. n. 21066/2021; n. 6590/2017). A tale principio occorre dare continuità: la Corte d'appello, pertanto, tenuto conto che la sentenza di prima grado era stata pubblicata prima dell'11 settembre 2012 (il 17 marzo 2012), avrebbe dovuto valutare l'ammissibilità della produzione dei nuovi documenti in rapporto al testo previgente dell'art. 345 c.p.c., che consentiva la produzione in appello di nuovi documenti, qualora il collegio li avesse ritenuti indispensabili ai fini della decisione. La circostanza che l'appellante avesse sollecitato l'ammissione facendo leva sulla "non imputabilità" della mancata produzione in primo grado, oggetto delle obiezioni delle controricorrenti, è irrilevante, non incidendo sul potere-dovere del giudice di applicare la norma correttamente.
7. Quanto alla indispensabilità dei documenti in questione, occorre partire dalla considerazione che, in una causa di riduzione per lesione di legittima, costituisce attività preliminare indispensabile l'accertamento dell'asse ereditario di riferimento. "La ricostruzione dell'intero patrimonio del defunto, mediante la riunione fittizia di ciò che è stato donato in vita a ciò che è rimasto al momento della morte, e l'imputazione alla quota del legittimario di quanto egli ha ricevuto dal defunto, costituiscono i necessari antecedenti logici dell'azione di riduzione" (Cass. n. 4278/1974). La modifica della massa, tramite l'inclusione o l'esclusione anche di un solo cespite,è idoneo a modificare la determinazione della quota di riserva e, conseguentemente, l'esito della riduzione. In questo senso, qualsiasi documento, il quale sia idoneo a dare la prova dell'esistenza di beni ulteriori, da comprendere nella massa di calcolo ex art. 556 c.c., è indispensabile per definizione.
8. Ebbene, i documenti, indicati con le lettere B, C e D a pagina sette del ricorso, avevano tale idoneità: -con il primo (A) la banca dava notizia della riscossione di una somma operata dal conto corrente del de cuius il giorno successivo alla morte e conseguentemente, in linea di principio, compresa nei beni relitti; - con il secondo (B) la banca menziona l'esistenza di una cassetta di sicurezza estinta dopo l'apertura della successione, il cui contenuto in linea di principio faceva parte anch'esso parte dei beni relitti; - sono poi menzionate, nel medesimo documento (B), tre polizze assicurative estinte dopo la morte del de cuius, le cui vicende non possono essere ritenute irrilevanti, in rapporto alla possibilità destinazione dell'indennizzo, ai sensi dell'art. 1920 c.c., a favore di soggetti diversi dall'assicurato, con la conseguente sussistenza di liberalità soggette a riunione fittizia in rapporto ai premi pagati (art. 1923 c.c.) (Cass. n. 29583/2021. Se poi l'assicurato avesse riservato per sè il beneficio della polizza, o non avesse designato alcun beneficiario o avesse revocato una precedente designazione, senza sostituirla con un'altra, i relativi importi sarebbero entrati nella successione di lui, per essere acquistati dagli eredi secondo le norme della successione ereditaria (Cass. n. 7683/2015); - si menziona poi (documento lettera D) un assegno intestato in nome del de cuius e versato sul conto corrente della C.C., il quale identifica un'operazione - in astratto - rilevante ai fini del calcolo.
9. Si obietta da parte delle contro ricorrenti - e l'obiezione è ancora ripresa da B.B. con la memoria - che i documenti sarebbero irrilevanti, in quanto diretti a fare emergere eventuali donazioni in favore della C.C., nei cui confronti la domanda di riduzione, proposta dall'attuale ricorrente, è stata dichiarata inammissibile con statuizione oramai divenuta irrevocabile. Intanto tale eccezione non riflette l'effettivo contenuto dei documenti, oggetto di esame da parte della Corte di merito, che si riferivano anche a beni potenzialmente idonei a far parte del relictum e non del donatum, come appena chiarito. Ma al di là di questo rilievo l'eccezione obiezione è infondata già in linea di principio.
10. Se il de cuius ha fatto più donazioni o disposizioni testamentarie, in prima linea sono soggette a riduzione, fino a esaurimento dei beni che ne formano oggetto, le disposizioni testamentarie; successivamente si passa alle donazioni (art. 555 c.c., comma 2). Se le disposizioni testamentarie sono più di una la loro riduzione avviene proporzionalmente senza distinguere fra eredi e legatari (art. 558 c.c.). In caso di più donazioni queste non si riducono proporzionalmente, come le disposizioni testamentarie (art. 558 c.c.), ma "cominciando dall'ultima e risalendo via via alle anteriori" (art. 559). Le donazioni coeve, per le quali non sia possibile stabilire quale di esse sia anteriore rispetto alle altre, debbono essere ridotte in proporzione al loro valore, come le disposizioni testamentarie (Cass. n. 29924/2020). L'ordine da seguire nella riduzione delle disposizioni lesive è tassativo ed inderogabile (Cass. n. 4721/2016): non è consentito al legittimario di far ricadere il peso della riduzione in modo difforme da quanto dispongono gli artt. 555, 558 e 559 c.c.. Consegue dalla inderogabilità dell'ordine di riduzione che: a) il legittimario, il quale non abbia attaccato tutte le disposizioni testamentarie lesive, non potrà recuperare, a scapito dei convenuti, la quota di lesione a carico del beneficiario che egli non abbia voluto o potuto convenire in riduzione (ad esempio perchè, trattandosi di legato, questo sia stato fatto a persona non chiamata come coerede e il legittimario non abbia accettato l'eredità con beneficio di inventario, mancando quindi la condizione prevista dall'art. 564 c.c., comma 1: Cass. n. 1562/1964); b) il legittimario può pretendere dai donatari solo l'eventuale differenza fra la legittima, calcolata sul relictum e sul donatum, e il valore dei beni relitti: se questi sono sufficienti i donatari sono al riparo da qualsiasi pretesa, qualunque sia stata la scelta del legittimario nei riguardi dei coeredi e beneficiari di eventuali disposizioni testamentarie; c) il legittimario non può recuperare a scapito di un donatario anteriore quanto potrebbe prendere dal donatario posteriore (Cass. n. 3500/1975; n. 22632/2013): se la donazione posteriore è capiente le anteriori non sono riducibili, anche se la prima non sia stata attaccata in concreto con l'azione di riduzione (Cass. n. 17926/2020).
11. In rapporto al sistema di riduzione delle disposizioni lesive della quota di riserva, emerge con evidenza l'interesse della ricorrente, donataria convenuta con l'azionedi riduzione, da un lato, a far risultare che i beni relitti hanno una consistenza maggiore rispetto a quella indicata dai giudici di merito, in modo da escludere o circoscrivere l'esistenza di una lesione cagionata dalle donazioni, dall'altro, a fare emergere l'esistenza di eventuali donazioni, in ipotesi anteriori alla sua, in guisa da elidere o circoscrivere la riducibilità delle proprie.
12. Il primo giudice, dopo avere ricostruito relictum e donatum, ha accertato che il valore dei relitti non eguagliava la quota riservata della figlia che aveva agito in riduzione, la quale, al contrario del coniuge e dell'altra figlia, non aveva ricevuto donazioni; esso ha quindi attribuito a B.B. la totalità del relictum, consentendole poi di recuperare quanto ancora occorrente per la integrazione della quota riservata tramite la riduzione del donatum a A.A.. Il tribunale, nell'operare il calcolo, ha chiaramente identificato l'esistenza di una donazione fatta al coniuge, ma ha escluso il carattere lesivo della stessa in considerazione del fatto che il testatore aveva istituito le figlie nella sola quota di legittima, lasciando quindi la quota di un mezzo del patrimonio al coniuge, la cui donazione era però di valore inferiore. Rispetto a questo modo di procedere, confermato in grado d'appello, è inevitabile obiettare che il tribunale ha operato una (parziale) redistribuzione del donatum fra le coeredi. Un simile effetto, però, è una conseguenza dell'operatività della collazione, che il tribunale e la Corte d'appello non hanno applicato. I giudici di merito si sono mossi nella logica della riduzione, che imponeva di considerare l'ordine cronologico delle donazioni (supra). Secondo le regole della riduzione, le donazioni non sono redistribuite fra i coeredi indistintamente, come nella collazione, ma sono sacrificabili a favore del legittimario nell'ordine stabilito dagli artt. 555 e 559 c.c.. Insomma, se il calcolo generale della quota di riserva, imposto dall'art. 556 c.c., rivela che la disponibile è stata esaurita in vita con donazioni, la considerazione che una donazione più recente è di valore inferiore alla quota di eredità, eventualmente spettante al donatario in forza del testamento, non vale a sottrarla dalla riduzione. La salvaguardia della proporzionalità fra quota e porzione è assicurata, nei rapporti indicati dall'art. 737 c.c., dalla collazione, mentre la riduzione non ha altra finalità che la reintegrazione della quota di riserva eventualmente lesa dalla donazione (Cass. n. 23403/2022; n. 28196/2020).
13. Come si può constatare sulla base dei valori considerati dal Tribunale, A.A., istituita nella sola quota di riserva, conserva le proprie donazioni oltre tale limite, beneficiando anche di parte della disponibile che, in base al testamento, spettava per intero al coniuge, il quale aveva ricevuto una donazione inferiore alla metà dell'asse, cui avrebbe avuto diritto in base all'istituzione testamentaria (cfr. Cass. 14193/2022 in motivazione). Tale aspetto, però, che coinvolge primariamente i rapporti fra A.A. e la C.C., non ha costituito oggetto di censura da parte della stessa C.C..
14. Non ha poi costituito oggetto di censura la scelta dei giudici di merito di operare la riduzione per equivalente, motivata con il rilievo che i beni erano stati venduti dalla donataria. A un attento esame, questo rilievo, trattandosi di donazioni contrattuali, che avevano avuto ad oggetto beni che provenivano "direttamente" dal patrimonio del donante, non portava di per sè alla conseguenza indicata dal primo giudice, e cioè alla trasformazione del diritto del legittimario al bene "in natura" in un diritto di credito. Invero, se il donatario beneficiario della disposizione lesiva abbia alienato l'immobile donatogli, il legittimario, se ricorrono le condizioni stabilite dall'art. 563 c.c., può chiederne la restituzione anche ai successivi acquirenti, che sono invece al riparo da ogni pretesa restitutoria del legittimario nella diversa ipotesi di riduzione di una donazione indiretta (ad esempio nell'intestazione di beni in nome altrui); infatti nella donazione indiretta, come chiarito da questa Suprema Corte nel 2010, poichè l'azione di riduzione "non mette in discussione la titolarità del bene (...) il valore dell'investimento finanziato con la donazione indiretta dev'essere ottenuto dal legittimario leso con le modalità tipiche del diritto di credito" (così testualmente Cass. n. 11496 del 2010; contra Cass. n. 4523/2022, nella quale è data per scontata l'applicabilità dell'art. 563 c.c. anche alle c.d. donazioni indirette, senza tuttavia confrontarsi con Cass. n. 11496 del 2010 cit., che, recependo le indicazioni espresse in dottrina, tale applicabilità aveva motivatamente escluso).
15. Tirando le fila del discorso, il primo motivo, nei limiti sopra indicati, deve essere accolto, con assorbimento delle altre censure di cui al medesimo motivo. Sono poi assorbite le obiezioni delle controricorrenti nella parte in cui esse sono riferite a documenti diversi rispetto a quelli oggetto della considerazione della Corte di merito, che sono stati già identificati con i documenti di cui sopra (quelli riportati e identificati nelle lettere B, C, e D a pagina sette del ricorso).
16. Ancora in relazione ai documenti oggetto di specifico esame da parte della Corte d'appello, debbono ritenersi irrilevanti le considerazioni proposte da A.A. con la memoria in ordine al fatto che essi non furono prodotti con l'atto introduttivo del giudizio d'appello. L'obiezione non tiene conto del fatto che i documenti considerati in questa sede sono venuti in possesso della ricorrente a seguito della decisione dell'Arbitro Bancario in data 14 giugno 2013 e sono stati formati nel 2014: pertanto, in epoca successiva all'introduzione del giudizio d'appello, avvenuta nel 2012 (cfr., sulla possibilità di introdurre in secondo tempo i documenti "la cui formazione sia successiva" alla proposizione dell'appello, Cass. n. 6145/2022 richiamata dalla stessa controricorrente nella memoria).
17. In conclusione, in accoglimento del primo motivo, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione. Il giudice di rinvio dovrà verificare le nuove produzioni, valutarne l'ammissibilità alla stregua del testo previgente dell'art. 345 c.p.c.; quindi dovrà verificare; a) se essi forniscono la prova di nuovi cespiti da includere nella riunione fittizia, come beni relitti o come beni donati, b) calcolare sul coacervo la quota riservata dell'attrice, consentendone l'integrazione in primo luogo sul relictum, nella nuova consistenza che dovesse risultare dalla nuova produzione: tale diritto dell'attrice, naturalmente, va riconosciuto fino a concorrenza della stessa quota riservata, essendo l'attrice mera legittimaria; c) riconoscere il diritto dell'attrice in riduzione di recuperare quanto ancora eventualmente occorrente ai fini della integrazione della quota riservata tramite la riduzione delle donazioni fatte a A.A.; d) l'eventuale recupero dovrà avvenire per equivalente, al netto di quanto la legittimaria avrebbe avuto diritto di prendere sulle donazioni eventualmente più recenti, le quali - per scelta dell'attrice - non sono state attaccate con l'azione di riduzione. E' ovvio che la riduzione a carico di A.A. suppone che questa, sulla base del nuovo calcolo che dovesse essere giustificato dalle nuove produzioni documentali, abbia ricevuto di più di quanto le spetta nella sua veste di legittimaria, essendo la quota di riserva anche per lei intangibile (Cass. n. 4694/2020).
18. Sono assorbiti gli altri motivi di ricorso, che attengono pur sempre, sotto diversa prospettiva, alla ricostruzione dell'asse e all'ordine della riduzione e che sono, pertanto, logicamente subordinate all'esatta individuazione dei beni facenti parti del relictum e del complesso delle donazioni fatte dal de cuius. La questione posta con il primo motivo, perciò, ha comportato, anche in rapporto alle obiezioni della controricorrente, una disamina necessariamente estesa anche agli aspetti sostanziali della riduzione. 19. Il giudice di rinvio liquiderà anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie, nei termini di cui in motivazione, il primo motivo; dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione anche per le spese.
Conclusione
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 7 ottobre 2022. Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2022